Betapensiero è il pensiero di Beta, cioè il mio: Beta è la contrazione del mio nome e cognome. Ma è anche la "release" in cui il mio pensiero viene diffuso: versione beta, quindi funzionante ma ancora da finire di testare...
22 nov 2011
Il genio della lampada
- Cosa desideri? - disse il genio uscendo dalla lampada - pensaci bene poiché non avrai una seconda occasione.
Era in effetti già insperato averne una di occasioni così! Raramente gli veniva chiesto cosa desiderasse e ancora più raramente a chiederlo era chi poi volesse e potesse esaudirlo. Insomma, che fosse proprio un genio a domandarglielo non lo aveva mai immaginato neppure in sogno. Così non era pronto a rispondere. Non immaginava poi che potesse essere una risposta difficile... Ma il genio l'aveva messo in guardia, "pensaci bene". E lui capiva di doverlo fare.
Così per prima cosa si sedette.
- Mettiti comodo, io non ho fretta.
Dunque, che cosa lo rendeva felice più di ogni altra cosa? Si rispose "stare bene". Ma si accorse subito di quanto fosse una risposa stupida. O meglio, si accorse di quanto non fosse affatto una risposta: cosa voleva dire stare bene? Forse significava poter fare quello che voleva. Tuttavia, cos'è che voleva fare? Ci pensò per alcuni minuti, poi emise un profondo respiro che, espirando, lo fece sprofondare maggiormente nella poltrona.
Il genio intanto fumava distrattamente il suo sigaro direzionando su di lui il fumo e di tanto in tanto anche un'occhiata.
Soldi, auto, case, vestiti. Poteva riassumere con ricchezza, sì, meglio, più ampio. Potere, prestigio, tempo, sesso, intelligenza, bellezza, simpatia. Potere, no, questo l'aveva già scritto. Stava facendo una lista. Non era mai stato particolarmente preciso ma questa volta pensava di procedere con metodo. Se avesse elencato tutti i possibili desideri avrebbe potuto cercare di raggrupparli in categorie più generali, come aveva fatto con il concetto di ricchezza. Avrebbe poi dovuto creare un albero genealogico dei desideri, capire cioè se da alcuni di essi discendesse la possibilità di conseguirne altri in virtù dell'avere già ottenuto i precedenti. Infine doveva attribuire un valore numerico ad ogni singolo desiderio ed osservare quale combinazione offrisse il punteggio più alto. Probabilmente aveva inventato la formula della felicità. Chissà come mai, si chiedeva, nessuno ci aveva pensato prima.
Non sembrava difficile, no. Dunque, cos'altro? La pace nel mondo? No, ma via, siamo sinceri, cosa gli importava della pace nel mondo? Si trovava davanti ad un genio non alla finale di un concorso di bellezza! Queste stronzate poteva risparmiarsele.
Il genio tossì. Probabilmente a causa del fumo, sebbene, consapevole o meno che fosse, il gesto gli era sembrato un commento ai suoi pensieri. E ciò lo impensierì, stava forse dimenticando qualcosa di importante? Rilesse la lista più volte, poi gli venne in mente una parola: amore. Come aveva potuto dimenticarlo? Certo, doveva essere quello il desiderio più importante! Era chiaro, ma decise di proseguire ugualmente col metodo adottato, in fondo doveva solo inserirlo nel suo schema, capire come si raggruppasse, cosa o da cosa fosse generato. Avrebbe così avuto il suo punteggio e scoperto anche di quanto l'amore fosse il più desiderabile dei desideri. Così fece.
Beh, ci provò, perché in effetti non appena intraprese il suo lavoro di catalogazione si rese conto di non sapere bene cosa fosse l'amore. Non riusciva ad andare oltre misere risposte tautologiche: l'amore è amare qualcuno. E poi anche di "qualcuno" mica era sicuro. Perché qualcuno? E se qualcuno e non molti o tutti, perché? E poi, soprattutto, cos'era amare? Insomma, finché si trattava di parlarne con gli amici poteva permettersi di essere vago, ma da questo lavoro dipendeva la sua felicità (!!), doveva essere preciso. Poteva definire "amare" stare bene con qualcuno? No, no, troppo vago, se "stare bene" non lo aveva accettato per spiegare la felicità poteva forse usarlo per definire qualcosa che desiderasse per essere felice? E poi quando si soffre per amore? è amore oppure no? Si domandava poi se pensasse all'amore carnale, a quello sentimentale, a quello universale, a quello per il vino, per la poesia, per gli animali, per la scollatura della sua vicina di casa.
Insomma, più tentava di fare chiarezza più si sentiva confuso. Il genio continuava impassibile ad attendere. Nel frattempo era calata la sera. Doveva essere trascorso un bel po' di tempo da quando aveva iniziato a riflettere. Sentiva freddo, era stanco e aveva fame. Si domandò se il segreto della felicità da lui agognata risiedesse nel coprirsi, riposarsi o saziarsi. Tante volte però aveva mangiato, dormito o avuto caldo. Era stato un piacere sì, ma col placarsi del bisogno era presto scomparso anche il piacere. Non poteva essere tutto qui, eppure sentiva di essere vicino. Si trattava di calore, di nutrimento, di riposo ma non era né un termosifone, né una cena, né un letto. Ma questa volta era vicino... Finalmente comprese cosa desiderasse veramente.
Guardò il genio facendo capire di essere pronto. Pronunciò una sola parola:
- Affetto.
Il genio gli sorrise.
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