Una storia finisce e, se si è trattato di una storia importante, per lungo tempo mille piccoli eventi, luoghi o oggetti di per sé insignificanti ce ne riportano il ricordo. Ed il dolore. Tale associazione è normale e, temo, in certa misura inevitabile.
Ignorandola non si elimina il ripetersi dell'associazione. Credo che per eliminarla l'unico modo sarebbe sostituire tali associazioni con altre nuove associazioni. Scacciare cioè un chiodo con un altro chiodo. Tuttavia il "chiodo" - attività o altra persona che sia - dovrebbe essere di intensità analoga e/o durare per tempi analoghi. Il che, oltre a rischiare semplicemente di spostare il probabile verificarsi del problema da un'altra parte, rende tale opzione poco pratica e troppo lenta.
Inoltre il vero problema a ben vedere non è la presenza di tali associazioni quanto l'effetto da esse prodotto. Se il ricordo provocasse una leggera e piacevole nostalgia non sarebbe certo un male; il male è che spesso provoca invece rabbia, rancori, mancanza, malessere. Finché il ricordo stimola rabbia, rancori o dipendenza l'effetto sulla nostra qualità di vita è negativo (specifico: non mi riferisco al distinguere tra ricordi positivi o negativi, e neppure alla loro interpretazione/catalogazione come positivi o negativi, parlo dell'effetto da entrambi prodotto).
La persistenza del sintomo rende inefficace la "strategia dello struzzo", scappare rimanda ma non risolve. Non è pratico contare su un "chiodo sostitutivo". Non funziona neppure ignorare i problemi che hanno portato ad una rottura e "riprovarci": l'effetto è solo temporaneo e rabbia e rancori destinati a riesplodere amplificati.
Occorre prendere atto che le associazioni con le mille piccole cose in questione innescano un meccanismo di rabbia, rancori e dipendenza. Prenderne atto come primo passo per cercarne una soluzione. Il problema è: quale soluzione? Ricapitolando - ed andando così per esclusione - non funziona ignorare l'associazione; non funziona, se non temporaneamente, coprirla con stimoli offerti da altre persone o altre attività; non funziona, certo non come unico aspetto, tentare di ricostruire una relazione.
Provando a dare una risposta alla domanda direi che forse potrebbe funzionare perdonare/perdonarsi. Non lo scrivo per morale ma per semplice processo di problem solving. Perdonando verrebbe meno il motivo di rabbia e rancore, e con esso, anche se non scomparirebbe forse l'associazione tra le piccole cose e l'altra persona, sarebbe modificato il loro effetto. Scartando per comprovata inefficacia le altre opzioni, questa rimane - quantomeno al momento - l'unica disponibile. Il problema è come riuscire a perdonare/perdonarsi, poiché non si tratta chiaramente di un perdono di facciata: a niente servirebbe convincere l'altro o altri, l'effetto prodotto è interno è potrebbe essere annullato solo da un perdono reale. Come non funzionerebbe neppure un perdono provvisorio o condizionato, poiché al suo scadere o al venire meno della condizione il problema riemergerebbe.
È un bel casino ritrovarsi come, almeno apparentemente, unica possibile soluzione una di così difficile attuazione. A meno di individuare altre soluzioni efficaci si tratta tuttavia di un bivio: o rassegnarsi al soffrire per ogni "Y10 bordeaux" o tentare seriamente di attuare tale proposito. Poiché la problematica è particolarmente fastidiosa merita, almeno secondo me, di impegnarsi nella soluzione. Ed avere un obiettivo chiaro è un primo importante passo. Rimane da capire come riuscirci...
So che - per quanto non sufficiente - è propedeutico sforzarsi di mantenere con l'altro un atteggiamento civile, collaborativo e comunicativo.
So che è un lavoro personale. Eppure, riguardando il rapporto che abbiamo con l'immagine dell'altro, perdura anche, perfino non incontrandosi/scrivendosi, una qualche forma di legame (karmico?) con l'altro. Ciò suggerisce che sciogliere tale legame problematico tra il ricordo dell'altro e l'emozione negativa sia necessario tanto alla "guarigione" di un rapporto quanto alla sua vera fine.
Per adesso altro non so.
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