"Qual è il parassita più resistente? Un'idea. Una singola idea della mente umana può costruire città. Un'idea può trasformare il mondo e riscrivere tutte le regole." - InceptionE l'amore - come ogni altra relazione umana - prima ancora di essere un batticuore; prima di togliere l'aria; prima di dilatare le pupille; prima del tremore che da al solo pensiero, è un'idea. Nasce, cresce e muore, come ogni essere vivente. Si diffonde nel sangue, come un virus. Vi permane, come un farmaco, per un tempo variabile - la sua emivita - prima di dimezzarsi, e poi scomparire.
Se preferisci pensare che sia una magia misteriosa e incomprensibile, smetti di leggere. Sprecheresti inutilmente il tuo tempo. Poiché intendo scrivere dei circuiti neurali che lo rendono possibile, delle pulsioni evoluzionistiche che lo rendono necessario, delle trame costruttivistiche che plasmano la forma che prenderà, delle circostanze che, condizionando il suo sviluppo, influenzano come può crescere, quanto e se può sopravvivere.
Innanzitutto l'amore è vivo. Non solo perché fa sentire vivi; non solo perché nasce, cresce e muore; ma anche perché influenza gli organismi che lo ospitano; anche perché egli stesso agisce sulla base di dinamiche conformi al modo in cui si è sviluppato.
Intenzionalità e consapevolezza non sono attributi necessari alla vita, e ben più raramente di quanto ci piace credere sono caratteristiche dello stesso agire umano. Per cui asserendo che l'amore è vivo non intendo raffigurarlo come un antropomorfo Cupido. Più semplicemente - per alcuni più prosaicamente - agisce sulla base delle sue stesse dinamiche.
Asserire che sia vivente, implica anche che non obbedisce a dinamiche prestabilite, non è un software. Bensì, come ogni essere vivente, è formato nella sua ontogenesi sia da aspetti imprescindibili alla sua stessa natura, sia dalle influenze ricevute dal suo ambiente di sviluppo. Così tutti gli amori si assomigliano, ma ognuno è diverso.
L'amore, sia esso inteso come archetipo junghiano, simile ai memi descritti da Dawkins, o avente qualsivoglia altra origine, si sviluppa nell'interazione tra due esseri umani, ed al loro interno. Un "parassita" molto particolare, con la peculiarità di vivere in, e tra, due organismi ospiti, di apportargli (anche) benefici; ma che, come in ogni forma di simbiosi, influenza il suo ospite e al contempo ne dipende per la sopravvivenza.
Schopenhauer lo definiva l'inganno della specie per preservare se stessa. Questa visione appare molto limitante - e di fatto lo è... - nondimeno contiene un fondo di verità. La prospettiva evoluzionistica mostra l'esistenza di pulsioni, filogeneticamente ereditate, per la ricerca e la selezione di partner a lungo termine. Le specie sociali, come la nostra, necessitano di legami forti, capaci di persistere oltre la pulsione strettamente sessuale. Questa funzione è svolta da strutture limbiche e troncoencefaliche, che tramite neurotrasmettitori (dopamina, noradrenalina, serotonina, ecc.) e ormoni (ossitocina, cortisolo, testosterone, ecc.) attivano risposte fisiologiche e comportamentali atte a questo, e ad altri obiettivi biologici.
Ma nella nostra specie la questione si complica. Noi (e sia chiaro, non solo noi!) oltre ad un cervello possediamo anche una mente (no, non sono sinonimi...) che, attraverso le sue rappresentazioni influenza - ed è influenzata da - i suddetti circuiti biologici. Antonio Damasio, nel suo bellissimo "l'errore di Cartesio", espone i risultati dei suoi studi neurologici sui meccanismi di decision making. Quello che chiamiamo "ragione" non è, e non può essere (lo dimostra lo studio di soggetti con lesioni specifiche), indipendente dalle emozioni. L'elaborazione dell'informazione necessita di dati presenti in una memoria di lavoro e dell'attenzione ad essi; ma ciò non è sufficiente: l'attenzione deve essere direzionata, e i dati disponibili selezionati. Queste funzioni sono svolte da una complessa interazione tra strutture subcorticali, le attivazioni fisiologiche prodotte, ed il feedback offerto da quest'ultime (che Damasio chiama "marcatori somatici") alle zone neocorticali che valutano e scelgono le opzioni (sulla base, appunto, di quanto emotivamente rilevante).
In sostanza, per tornare all'argomento, abbiamo pulsioni biologiche all'amore, e predisposizioni genetiche alla scelta del partner che, nello sviluppo, sono modulate dall'ambiente e dall'esperienza, prendendo la forma di una narrazione interna che a sua volta guida la nostra disposizione relazionale. Inoltre - e questa è la mia tesi - la stessa relazione che noi chiamiamo "amore" consta di forme archetipiche universali; di predisposizioni "ereditate" dagli stessi organismi che la ospitano per tutta la sua esistenza; della trama creata dagli eventi che, nella prima fase della sua formazione, ne forgiano le possibili traiettorie di sviluppo.
Ne deriva una rappresentazione articolata su molteplici livelli di analisi, dipendente da più fattori interagenti tra loro, non lineare; certamente complessa ma non per questo inintelligibile. Proviamo a seguire un esempio di come può svilupparsi una trama d'amore, e di come essa condizioni poi la sua stessa sopravvivenza.
Lui, che chiameremo "Y", e lei, "X", hanno pulsioni biologiche, oltre che al semplice accoppiamento, a cercare una relazione su basi affettive. Entrambi hanno delle innate predisposizioni a preferire specifici tratti in un potenziale partner, e delle influenze ambientali (come la favola del Principe Azzurro, o quella del sesso libero), che insieme, e talvolta in contraddizione, hanno forgiato le loro aspettative. Entrambi sono in parte consapevoli della loro narrazione interna, che loro chiamano "i loro gusti" e che filtra la loro percezione di ogni avvenimento. Solo in parte sono tuttavia consapevoli delle pulsioni biologiche che, anch'esse, li guidano, e ben poco si sanno spiegare le contraddizioni tra quello che parti diverse di loro mostrano di desiderare.
Mettiamo che X sia accoppiata da qualche anno con un ragazzo che soddisfa una parte della sua narrazione interna ed una parte delle sue preferenze inconsce (le predisposizioni evoluzionistiche). Mettiamo anche che nel periodo di questa relazione, più o meno consapevolmente, alcune dinamiche siano diventate parte integrante della trama; per esempio mettiamo che la gelosia di lui sia per lei soffocante, o mettiamo che mille altre piccole manifestazioni del loro inconsapevole copione - che io non conosco - rinforzate dall'abitudine, siano diventate coazione a ripetere e delineino le possibilità di evoluzione della storia stessa. Mettiamo anche che a X in tutto ciò manchi qualcosa, supponiamo che la sua natura sensibile a cultura ed arte le faccino desiderare di incontrare e vivere in prima persona le sensazioni che le sono offerte da una frase musicalmente ben strutturata.
Mettiamo che Y sia un po' più grande e, per la sua natura curiosa, abbia sperimentato esperienze di tipo diverso, declinando il suo personale canovaccio in trame sufficientemente diverse tra loro da consentirgli di capire cosa può adeguatamente gratificarlo. Mettiamo che Y abbia per l'appunto compreso l'importanza di una frase musicalmente ben strutturata. Ciò, non scordiamolo, non significa che egli sia adesso libero dall'influenza delle pulsioni più inconsce, ma solamente che in questa direzione è volta la sua narrazione interna e l'influenza da essa esercitabile sulle scelte comportamentali.
Mettiamo che X e Y si incontrano. Si piacciono subito, forse perché riconoscono tra loro una (ahimè) rara affinità narrativa. Conoscono le regole seduttive del copione da cui sono attratti, e le mettono in atto, così, per annusarsi un po'. Più si annusano però, più si piacciono. Nel frattempo il computerino interno ad ognuno dei due, in automatico, valuta pro e contro. Ciò è inevitabile, in questa pièce, questo è il ruolo delle strutture subcorticali, che pertanto vi adempiono.
Per X la situazione è complessa, da una parte si trova in conflitto tra due opzioni profondamente diverse, e non sa quale sia per lei più vantaggiosa, dall'altra la sua natura le suggerisce prudenza (la ricerca di sicurezze è una predisposizione biologica femminile...). Per Y la scelta è relativamente semplice: X le piace più di ogni alternativa disponibile. Egli ha impiegato ben poco a capirlo, la scelta maschile è biologicamente più rapida, inoltre il suo specifico temperamento passionale ha accelerato i tempi. Per Y è tuttavia alquanto più difficile sopportare la situazione: la "sua donna" ha di fatto relazioni con un altro, non con lui.
Qualcosa tuttavia la loro relazione ha già generato. Quel virus d'amore gli è entrato nel sangue, da loro ha ereditato le predisposizioni "genetiche" che ne delineano i tratti somatici, dalle loro interazioni prende linfa vitale o accumula traumi che ne segnano lo sviluppo. Sta crescendo, forte della loro affinità, minacciato dagli ostacoli tra loro. Purtroppo egli è vivo, sta crescendo appunto, si sta sviluppando sulla base di quello che tra loro accade, loro malgrado non può restare immutato in un limbo, in attesa di una decisione. Se un giorno avrà l'opportunità di esprimersi a pieno lo farà anche sulla base di come si è sviluppato, saprà mostrare il desiderio che ha appreso di potere esprimere, lotterà contro i rancori, più o meno consci, che avrà accumulato e non sempre - come accade per noi - saprà impedirgli di attuarsi in comportamenti.
Mettiamo che quello tra loro sia un amore di sana costituzione, virtualmente capace di adempiere alle richieste narrative di X e Y. Mettiamo che in presenza di cure adeguate saprebbe crescere forte e vivere a lungo. Mettiamo che la sua emivita sia virtualmente sufficientemente lunga da durare quanto gli organismi che lo ospitano. Ma non confidiamo però solo su ciò, poiché per quanto sano possa essere, egli vive nel suo ambiente di sviluppo e può, sì, sopravvivere alle difficoltà che deve fronteggiare, ma può anche rimanere per sempre mutilato; può anche morire prematuramente.
La stessa natura dell'amore che X e Y hanno evocato è inoltre romantica. Pertanto forte, passionale, idealistica, quanto una poesia di Schiller; ma, proprio per questo, al contempo fragile e delicato. La sensibilità su cui si basa la sua forza è anche la sua fragilità. Se la sua natura fosse stata più rude, percependo gli eventi in modo attenuato, saprebbe anche resistervi meglio. Ma un tale genere di amore non avrebbe trovato ospitalità in X e Y, poiché ad esso loro non sono (più) interessati.
Non conosco la fine di questa storia. Solo mi auguro che entrambi comprendano che ogni piccolo aspetto della loro interazione influenza quanto, se, e come, il loro amore può sopravvivere.
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