22 gen 2014

Sul palcoscenico


Ripassava la sua parte. In realtà non aveva ancora ben chiaro quale sarebbe stata la sua parte. Ma era importante arrivarci preparato. Doveva lottare contro le sue palpebre, chissà perché tendevano a chiudersi ed a portarsi via lo scenario presente. Così doveva ricominciare da capo, ricostruirsi un copione.

Al suo vecchio copione si era abituato. No, non voleva più metterlo in scena. Aveva avuto un suo fascino, per carità, ma adesso non più. Era diventata la solita vecchia storia - noiosa come un film di Spielberg, direbbe un mio amico. Così, quando sentì dire che avrebbero organizzato dei provini, iniziò a studiare.

Girava voce che la produzione avrebbe scritturato per il ruolo che ciascuno stava interpretando. Ma c'è chi dice che in fondo è sempre stato così. Fatto sta che se avesse continuato a mettere in scena il suo ruolo abituale, avrebbe finito per vestirlo ancora, e ancora, e ancora.

Certo, erano voci, non tutti la pensavano così. Alcuni negavano che ci sarebbero state delle audizioni. Altri negavano che ci fossero mai state. Altri che i copioni si potessero scegliere. Altri ancora che esistessero dei copioni. In realtà, più che ognuno avesse una sua opinione, sembrava che nessuno ci capisse niente, quello sembrava.

Decise che - fosse come fosse - lui del suo vecchio ruolo si era stufato. Avrebbe studiato per una nuova parte. Poi, mal che vada l'avrebbero ingaggiato in qualche teatrino di periferia. Oppure sarebbe stato lui davanti allo specchio: attore, antagonista e spettatore. Come il vecchio De Niro in Taxi Driver, "ma, dici a me?".

Ora si trattava di capire come dovesse essere il suo nuovo personaggio. Già, sembra semplice, ma ci si affeziona talmente tanto ai propri problemi, ai propri tic, alle proprie difficoltà, che poi, quando ti domandi come vuoi essere, non sai rispondere. Che tipo di storia voleva interpretare? Che tipo di caratteristiche doveva avere per essere scelto come protagonista?

Ricordava situazioni in cui non avrebbe voluto ritrovarsi. Non era molto, ma, forse, se questa storia dei copioni era vera, è per quello che aveva vissuto più volte le stesse tristi scene. Cosa voleva girare adesso? Aveva solo un vago desiderio di sentirsi bene. Quello che hanno tutti, quando non dispongono della benché minima idea di cosa vogliono.

In realtà non avrebbe voluto cambiare il proprio personaggio, ci si era affezionato. Neanche ricordava più bene: era a lui che non piaceva il caffè o lo aveva letto sul copione? Eppure, se questa storia era vera, aveva ragione quel vecchietto baffuto, "non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose".

Tornò ad immaginare le trame dei suoi film preferiti. Colazione da Tiffany? La stangata? L'invasione degli ultracorpi? Quali storie desiderava interpretare? Certo, per un contatto con gli alieni avrebbe dovuto munirsi di una bella psicosi per essere credibile agli occhi del regista! E lui invece... Aspetta un attimo! Cosa si era detto di desiderare poco fa? Voleva essere felice - come tutti.

Si domandava da anni chi doveva frequentare, cosa doveva cercare per essere felice. Vuoi recitare in un film sugli alieni? Devi essere psicotico! Vuoi essere felice? Devi saper sorridere! Altrimenti, perché mai il regista dovrebbe scritturarti? Non sorridi perché sei felice, sei felice perché sai sorridere; non sorridi perché incontri delle belle persone, incontri delle belle persone perché sorridi. Sei ingaggiato nel ruolo perché sai farlo meglio di altri, perché sai farlo anche quando altri non saprebbero farlo, per questo il ruolo ti spetta di diritto.

Di più, quale sfumatura di sorriso? soddisfatto, di sfida, sarcastico, ironico, gioioso, sognante, sicuro? A quale felicità ambiva, di quale sorriso necessitava? Decise che li avrebbe appresi tutti, che sarebbe stato pronto a sfoggiarli uno ad uno. Decise che sarebbe diventato il più bravo, che il regista non avrebbe potuto ignorarlo.

Uscì di casa, determinato a sorridere, qualsiasi cosa fosse successa.

Nessun commento:

Posta un commento