23 mar 2014

Cronache Ospedaliere - parte prima


Non ricordo di avere mai vinto una lotteria. Alle estrazioni casuali non ho mai avuto fortuna: solitamente perfino i miei bagagli sul nastro aeroportuale sono gli ultimi ad apparire. Beh, finora. Circa due settimane fa si è presentata l'opportunità di partecipare ad un progetto intercorso che ha suscitato interesse quasi unanime, i posti erano limitati, il professore ha sorteggiato i partecipanti, io sono stato il primo estratto.

Il progetto consiste nella creazione di otto squadre, composte da studenti di medicina, infermieristica, psicologia. Ognuna di esse dovrà seguire un paziente chirurgico in day surgery durante il primo incontro, l'intervento, la fase post-operatoria. Il mio ruolo consiste nel monitorare lo stato d'ansia della paziente relativamente all'operazione. Così giovedì scorso mi reco nel padiglione di clinica chirurgica di Careggi.

Il progetto è attivo da alcuni anni tra medicina e infermieristica, da quest'anno è stato esteso a psicologia. I miei colleghi possono contare su una struttura consolidata e consegne chiare; io so unicamente che devo presentarmi alle quattro e un quarto. Scopro che l'incontro di presentazione del progetto è avvenuto qualche settimana fa. Mi viene consegnata la divisa verde da chirurgo, un sunto medico sull'ernia, una batteria di test psicologici suggeriti da non si sa bene chi - mi riferiscono ad ogni modo che sul lato psicologico ho autonomia d'intervento. Il professore che coordina il progetto arriverà.

Mi cambio e chiedo informazioni su dove attendere il professore, io non l'ho mai visto. Mi rassicurano che non posso confonderlo: indossa sempre un papillon. Ad attenderlo con me un tirocinante di medicina, lì per tutt'altri motivi. Mi racconta che non si trova bene, che lui avrebbe una visione più olistica, che gli piace l'omeopatia e che invidia il mio percorso di studi. Poi mi accompagna a lasciare le mie cose in una stanza dei medici, facendomi passare per delle scale interne: "così vestito" - mi informa - "hai i super-poteri, puoi andare ovunque!". Io comincio a sentirmi nella puntata di un qualche spin-off di Scrubs.

Finalmente arriva il professore, in compagnia dei miei due colleghi (che lo hanno evidentemente intercettato da qualche altra parte), e da una corte di altri personaggi a me ignoti, cui risponde che non ha tempo: deve stare con noi. Ci chiede i nomi, da dove veniamo; informa lo studente di medicina, dai capelli rossi, che in Giappone lo avrebbero mal visto, poiché ancora associano quel colore ai nemici americani della Seconda Guerra Mondiale. Poi informa noi tutti delle differenze tra il pino europeo (osservabile dalla finestra) e quello americano.

Il professore è molto elegante, colto, cordiale. Afferma di non essere mai uscito dall'Italia, come Kant da Königsberg. Adesso è passato ad erudirci sulle abitudini ospedaliere teutoniche e sembra intenzionato a procedere con l'intero scibile umano. Si è tuttavia liberata la stanza per le visite e ciò ci riporta allo scopo della nostra presenza: selezionare nel pomeriggio ambulatoriale un paziente con problemi di ernia.

Tutti e quattro entriamo nella stanza e ci affianchiamo dietro la scrivania, pronti ad accogliere il primo paziente. Si tratta di un signore residente nel pistoiese che ha lavorato per alcuni anni al locale ospedale del Ceppo. Apprendiamo così nei successivi dieci minuti le origini del nome dell'ospedale, le sue relazioni con il fiorentino ospedale di Santa Maria Nuova, e l'essere quest'ultimo il più antico del mondo. Il paziente è inizialmente divertito, poi allibito, infine nuovamente divertito: anche lui ammaliato dal fascino del professore. Io prendo appunti.

Quasi per caso infine si torna a parlare di disturbi: insomma, perché il paziente si trova qui? Procediamo così alla visita proctologica (io ne risparmio il significato a chi già non lo conosca, poi fate voi, eh...): prima il professore, poi il medico, poi l'infermiera, poi... No, io tengo la luce estensibile! Il paziente non ha "niente di che", certamente niente che non possa essere facilmente curato con dell'ittiolo, evidentemente il farmaco preferito dal professore, che ne decanta più volte le virtù.

L'ordine delle visite è turbato dall'arrivo di un tedesco (giustappunto, non parlavamo prima delle loro abitudini ospedaliere?) che, dopo un incidente e la conseguente operazione, sostiene di avere ancora un corpo estraneo sottopelle. Di tedesco ad ogni modo il ragazzo ha solo il cognome, per il resto è italianissimo. E sì, sotto il gomito si intravede ad occhio nudo un rigonfiamento inconsueto. Che fare però, se sottoposto al normale iter ospedaliero la rimozione dovrà attendere mesi. Che sia stata davvero la nostra presenza (così potevamo assistere) o la consueta gentilezza del professore, gli viene ad ogni modo comunicato di attendere, "che se c'è tempo si fa subito".

Noi proseguiamo con le visite. Si susseguono lezioni sul vero nome della lampada sovrastante il lettino, che si chiamerebbe scialitica - che dissolve le ombre: dal greco "skiá", ombra. e "lytikós" dissolvente - ma che oggi, ahimè, pochi chiamano così; nuove lodi all'ittiolo; un ex sottufficiale in pensione che affiancandomi uscendo mi chiede divertito se il professore è sempre così: rispondo con un diplomatico "dipende". Poi l'accompagnatrice di una paziente mi squadra tutto il tempo, con intenzioni tutt'altro che chiare. Dell'ernia che cerchiamo ancora niente.

Il professore si ricorda del "tedesco" e decide che è arrivato il momento di farlo entrare. Può accomodarsi, dell'intervento si occupa l'assistente del professore, anche lei sempre sorridente. Scialitica, bisturi, pinze. Il pezzetto di vetro - tale poi si rivelerà - è in superficie, lo si individua subito ma non è semplice afferrarlo: "via, con quel taglietto, fai un bel taglio profondo, che altrimenti ci mettiamo una vita!". La dottoressa sa unire alla professionalità la capacità di duettare col professore; il paziente sorride, forse per gratitudine, forse anche lui apprezzando la scena. Il corpo estraneo è stato rimosso.

L'ultima persona in attesa è il caso che fa per noi. Soffre di calcoli alla cistifellea, non di ernia, ma il professore decide che è un caso interessante e adatto al nostro progetto. Per me interessante lo è certamente, si presenta accompagnata dalla cugina, entrambe coperte dallo ḥijāb (il velo) iniziano a "duettare" tra loro, quasi fossero la perfetta sotto-trama dello pièce in corso. Io inizio il mio lavoro. Ma questa è un'altra storia

Che dire, voi parlate pure di malasanità, a me Careggi sembra un posto splendido!

segue....

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