24 dic 2011

Trombare, fottere, o fare l'amore?


Non si tratta di etichetta, di finezza nel parlare, né di maggiore o minore affetto verso un partner di vita o occasionale che sia. Non è un modo diverso per dire la stessa cosa. Più o meno come "melo", "quercia" o "ciliegio" non sono nomi diversi per dire la stessa cosa: sono nomi diversi per nominare alberi diversi, che sì hanno in comune il fatto di essere alberi ma, soprattutto, offrono frutti diversi. E, a meno di essere maiali, trovarsi nel piatto delle ghiande o delle ciliegie non è indifferente....

Con le parole avviene purtroppo facilmente quanto descritto dal dito che mostra la luna: gli stolti guardano il dito tanto quanto guardano al significante in luogo del significato.

Ogni verbo indica un'azione, verbi diversi si riferiscono ad azioni diverse. E le azioni, come gli alberi appunto, si riconoscono dai frutti, da ciò che creano. Così, ad esempio, "bere" lo si potrà usare riferendosi all'azione che offre come risultato (frutto) del liquido introdotto in bocca; "lavarsi" offre come risultato il proprio corpo più pulito. Le azioni di bere e lavarsi hanno in comune l'utilizzo di acqua, l'impiegarla sul proprio corpo, l'utilizzarla calda o fredda ma solo chi avesse particolare confusione in testa potrebbe, da queste similitudini, credere che bere e lavarsi siano sinonimi... Si può inoltre bere da un bicchiere, con la cannuccia, con le mani, da una fontana, col contagocce, velocemente, lentamente, ecc. Modalità diverse designate dallo stesso verbo poiché portano allo stesso "frutto".

Ecco che si può scopare o fare l'amore su un letto, un divano, un tappeto, un prato; con uno sconosciuto, un compagno di vita, un amico; nudi, con dei vestiti; lentamente, velocemente; di giorno, di notte; alla luce, al buio, in penombra; eccetera, eccetera. Non spetta però né all'educazione di chi parla, né al tipo di legame con il partner, né a dove, quando, o aspetti simili, discriminare l'appropriatezza del verbo utilizzabile per descrivere l'azione. Né tanto meno i verbi sono sinonimi per chi non ha l'abitudine a guardare il dito al posto della luna.

Le parole, fortunatamente, portano dentro di sé il loro vero significato (l'etimologia, dal greco étymon - vero significato della parola - come il suo stesso etimo ci informa è lo studio delle origini di una parola per conoscerne il vero significato).

Iniziamo allora.

Come ogni toscano dovrebbe sapere, "trombare" significa spostare liquidi. Si tromba il vino, quando lo si travasa da una botte all'altra. Il trombaio è a Firenze l'idraulico, che appunto di spostamento di liquidi si occupa. Trombando, sessualmente parlando, quello appunto si fa: si spostano dei liquidi. Nella parola "pompino" il concetto è probabilmente ancora più chiaro.
L'atto, trombata o pompino che sia, può essere chiaramente molto piacevole, può avvenire con amanti occasionali, come pure con l'uomo/donna della vita, tra persone educate o rozze, che si stimano, si odiano, nutrano o meno affetto, può avvenire in svariate posizioni, con diverse durate, in diversi luoghi, con diversi umori, eccetera. Quello che però rende tale azione una trombata non sono le modalità con cui si svolge, bensì ciò che produce: un travaso di liquidi. Niente più.

"Fottere" leggo che attraverso il latino deriva dal greco phyteyc - piangere, ma anche, nel suo significato metaforico: generare, produrre - a sua volta derivante da phyo da cui deriva anche "feto". Chissà poi come nell'uso il termine è finito per essere volgare. In questo caso comunque i liquidi ci sono, sì, ma non sono meramente travasati da dentro a fuori, hanno funzione generativa.

Curioso poi che sia trombare che fottere abbiano anche significato di venire fregati....

"Scopare" mi ha messo un po' in crisi perché oltre al significato per cui si trova in questo elenco e all'atto di spazzare ho trovato solo un misterioso "sottoporre al supplizio della scopa" (Zingarelli). Nessuna spiegazione su cosa ciò significhi ne tracce etimologiche legabili all'accezione sessuale. Giusto qualche ipotesi: che derivi dal movimento della scopa quando si spazza, alla sua forma, o simili. Cercando però di capire quali sono i suoi frutti viene al massimo in mente il togliere la polvere, il che è pur vero che in metafora in alcuni casi non sarebbe una cattiva idea.

Anche "chiavare" è un termine non chiaro. Secondo alcune fonti deriva banalmente da chiave e l'atto di infilarla nella toppa. Altre fanno invece riferimenti più colti (Ariosto, Dante) e risalgono a chiodo, conficcare, dal che potrebbe derivare il tenere ferma la donna. La ricerca di un etimo tuttavia lo ricordo non è accademica ma pratica: si cerca il vero significato di una parola (necessario poiché parlare è tutt'altro che innocuo come solo gli ingenui credono...), ovvero cosa il verbo produce. Ed in questo caso, non saprei proprio dirlo.

Nel caso di "fare sesso" e "fare l'amore" il legame del verbo con un frutto è quasi palese: si utilizza il verbo fare - produrre appunto - e si nomina il frutto prodotto. Quindi, cosa viene prodotto?
"Sesso" deriva dal latino seco, secare, tagliare separare. Separare appunto un sesso dall'altro, l'uomo dalla donna. Dividere è una fase necessaria per comprendere e, nello specifico, per costruire un'idea di sé. Tuttavia se fare sesso crea una divisione è l'opposto di creare un'unione. Fisicamente insieme sì, ma di fatto soli. E non capita forse di sentirsi soli dopo avere fatto sesso??

"Fare l'amore" è generare amore.
Probabilmente mai nessun termine è nell'immaginario collettivo così vago, abusato ed usato a sproposito per menzionare ogni forma di instabilità mentale che pretenderebbe così di essere nobilitata e/o tentare di legittimare le pretese su ciò che gli altri dovrebbero offrire. La disquisizione su cosa l'amore decisamente non è, è tuttavia troppo lunga (la cito solo nel tentativo di frenare in chi legge l'impulso ad associare le proprie seghe mentali a quanto scritto sotto).
Per trovare la radice latina del lemma "amore" basta elidere la "e". In latino tuttavia il passo da amor a a-mors - ovvero senza morte - è più evidente. Amore è un'energia opposta alla morte. Quella che Dante chiamò "l'amor che muove il cielo e le altre stelle". Non si tratta di stucchevole sentimentalismo, che anzi è quanto di più distante esista dall'amore. Basta osservare, se dopo avere fatto l'amore ci si sente stanchi, potranno essere state sussurrate le parole più dolci del mondo ma quello non sarà stato fare l'amore. Amore è un energia creativa di unione. Fare l'amore è molto più di un modo fine per indicare il congiungersi carnalmente: è creare amore congiungendosi carnalmente.

Non è quindi solo questione di saperlo fare, il che certo non guasta, ma prima ancora è questione di sapere cosa si sta facendo e come chiamarlo.

7 commenti:

  1. Devo congratularmi per questo splendido articolo. Mi ha regalato alcune sorprese, e molti spunti di riflessione.

    Quanto al “supplizio della scopa”, necessario secondo lo Zingarelli per comprendere il significato di “scopare”, be’, ecco, da modesto intenditore degli aspetti più cupi e macabri della storia umana, posso forse dare qualche indizio: si trattava di una punizione corporale pubblica, diffusa nel Medioevo, in cui il condannato veniva frustato con appositi flagelli ricavati dai fusti di saggina. Il fatto che la vittima venisse punita con questi particolari scudisci “plebei” voleva essere ulteriormente infamante.

    Un gentiluomo che conobbi molti anni fa, ogni volta che affermava di avere avuto un rapporto sessuale con una ragazza, diceva invariabilmente e orgogliosamente: “L’ho punita”. Pensavo che fosse un fanfarone maschilista, invece viene fuori che magari era uno studioso di etimologia.

    Cordiali saluti,
    BB

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  2. Grazie per il bellissimo articolo! Mi permetto di azzardare un'ipotesi (ironica) circa l'etimologia del verbo "scopare", possibilmente identificabile con "raggiungere lo scopo" XD; circa "chiavare", invece, proporrei che l'origine possa esser fatta risalire all'uso medioevale delle cinture di castità e relativa serratura

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  3. Carina l'ipotesi di "raggiungere lo scopo"...
    Mille grazie! :-)

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  4. In napoletano, curiosamente, si dice di persona che si lamenta troppo ma non se la passa così male: chill chiagn e fott, chiagn e fott... quello piange e

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  5. Parole che sanno di antico ma che cambiano da località a località ma che alla fin fine intendono, con parole volgari (del volgo) un rapporto sessuale in senso reale ma anche con tanti sottintesi...

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