23 lug 2013

Sogno o son desto?


"I have a dream" disse Martin Luther King, rendendo immortale l'incipit del suo discorso. Pochi anni più tardi, John Lennon cantava "you may say I'm a dreamer, but I'm not the only one". Sognare ad occhi aperti, o anche solo affermare di farlo, riscuote immediate simpatie. Varrebbe forse la pena di far notare che tanti sogni-lupo si sono presentati nelle vesti di sogno-agnello, e che anche chi ha creduto nel "sogno" di Hitler, o in quello di Stalin, riponeva in un sogno un'incondizionata simpatia. Preferiva ovvero ascoltarne il forte impatto emotivo che analizzarne criticamente il contenuto.

In questo spazio tuttavia è su un altro aspetto che desidero soffermarmi. Assumiamo pure che il contenuto in questione, quale che sia, sia positivo e passiamo ad analizzare il mezzo impiegato: il sogno stesso.

Una rapida occhiata su un dizionario mostra due significati principali, quello di momento onirico notturno, da cui deriva per analogia il significato figurato, a sua volta ricco di diverse sfumature: "fantasia a occhi aperti", "speranza illusoria", "aspirazione", "desiderio", "cosa effimera e vana", "realtà talmente bella da sembrare irreale". Va da sé che in una comunicazione, l'utilizzo della parola "sogno", non può fermarsi alla discriminazione tra significato letterario o figurato. Perché se uno sta utilizzando il termine con significato di "fantasia ad occhi aperti", e l'altro con quello di "aspirazione", si sta evidentemente parlando di cose diverse. Ad essere diverso, prima ancora che il punto di vista sull'argomento, è l'argomento stesso di cui si sta parlando.

I vocabolari riportano gli usi che di una parola ne fanno i parlanti. Sono democratici, non distinguono tra usi più o meno propri, non discutono degli effetti psicologici dell'abbinare ad un termine un significato; i vocabolari sono dei meri cataloghi. Più utili a scoprire la forza generativa di una parola sono a volte i dizionari etimologici perché riportano ad una radice, al simbolo originario da cui, con risultati più o meno felici, sono derivati gli altri significati. Altre volte, come in questo caso, il fiume però va risalito da soli.

Ma non è difficile: l'uso figurato del termine "sogno" deriva appunto dal significato letterale; da un'esperienza comune e conosciuta, talvolta piacevole, altre volte inquietante; capace di mettere in scena ogni tipo di rappresentazione, desiderata o temuta che sia. Una parte dei sogni ha quella connotazione piacevole che si ritrova in alcune accezioni dell'uso figurato del termine, ma solo una parte però. Aspetti più caratterizzanti un sogno, ogni sogno, sono la non governabilità degli eventi e la loro mancanza di capacità costruttiva sul piano della vita da svegli. A meno di scomodare spiegazioni esoteriche, "sogni lucidi", o disquisire su cosa sia davvero "reale", questi aspetti, più che la piacevolezza o la desiderabilità (non sempre presenti), identificano le peculiarità di un sogno.

Si potrebbe obiettare che "la lingua è dei parlanti" e che, a patto di mettersi d'accordo sulla decodifica in uso nella specifica conversazione, si possa usare liberamente qualsiasi termine o riferirsi a qualsiasi accezione di un termine. Solo che questa sarebbe una visione molto ingenua. Un simbolo, un'immagine o una parola, influenzano il modo di pensare, di rappresentare, e a tutti gli effetti costruire la realtà, sulla base non di una libera convenzione. Una parola è bensì associata a richiami letterari, artistici, culturali, storici, e all'esperienza (personale e collettiva). Non è necessario esserne consapevoli, potremmo perfino tentare inutilmente di escludere queste associazioni: la parola continuerà a consegnare all'elaborazione cognitiva le sfumature che le sono proprie. Possiamo eligere al trono di vero significato di una parola l'accezione che preferiamo: ma si tratterà di un re fasullo; lo scettro e tutti i poteri non si attribuiscono per elezione, né per simpatia.

"Sogno" porta con sé, che lo vogliamo o meno, nel suo uso figurato, le associazioni con l'episodio onirico notturno. Suoi aspetti inevitabili sono l'incontrollabilità e l'irrealtà. Si affiancano ad essi - è vero (anche se non sempre) - la desiderabilità e la bellezza: ma pur sempre con tinte di incontrollabilità e di irrealtà.

Per questo io preferisco i progetti ai sogni.

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