17 mag 2017

Vedo poesie



Vedo Poesie sospinte
contro muri di prosaica ragione,
ferite a morte
invocano aiuto con urla disperate
poi
ammutoliscono impotenti.

Si può, sì, scomporre in sillabe
un verso - ma cosa ne resta?
Si può tradurre un'emozione
in un vettore matematico?
Direzione e intensità bastano
a ridurvi la vita?
O "manca qualcosa?" - chiedo.
Ma la ragione del ragioniere
- o del contabile -
conta i passi nel suo freddo ritmo
e lo chiama danza.

Un crescendo appare incivile,
un verso dispari iniquo
- e perciò bandito
per rispetto dei diritti di ognuno.
Occorre smussare le vette più alte,
anzi, no, tutte:
che lascino il posto all'uguaglianza
della pianura! - ingiunge la Prosa,
arbitro implacabile del Bene e del Male:
li elenca con scrupolosa virtù.

Ed è subito Rabbia.
L’incomprensione sente ingiusto
l’altrui pensiero,
disconosce le altrui premesse,
vive - sola - in luoghi tetri.
Soffocato il variare del ritmo
che resta della Poesia?
Negate categorie e misure
che resta della Prosa?
Argomenti in lingue diverse;
stesse parole di collera
(la più invadente delle emozioni
nasce senza inviti né cure,
arde l’ossigeno di respiri affannosi,
poi
lascia sfiniti).

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Per cancellarne il dolore
cala la spugna sul cuore
e se ne resta il ricordo
qualcosa (ahimè) è andato storto.

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