29 feb 2020

Asservire la matematica alla psicosi di massa


In piena epidemia mediatica (quella certamente epidemica) da Coronavirus esce sul Corriere della Sera un articolo volto a perorare la causa delle strette misure contenitive di questi giorni. L'autore ha certamente una buona oratoria, che in quanto tale seduce ma non per questo dimostra, trattandosi a ben vedere quantomeno in alcuni casi di meri sillogismi. Intendo rispondergli, per mia comodità espositiva in ordine inverso a quello delle sua affermazioni.

Partendo da quello che definisce il suo "ultimo disperato argomento di buon senso", il quale implica che sarebbe assurdo pensare che dei funzionari governativi potrebbero assumere delle decisioni nefaste per una parte dell'economia del loro paese, in buona fede (male interpretando la situazione) o consapevolmente (per divergenti interessi personali) che sia. La Storia è tuttavia talmente piena di casi simili (basti banalmente pensare a eventi come l'entrata in guerra di una nazione e ai conseguenti effetti distruttivi su una parte dell'economia a favore di altri settori - ma gli esempi potrebbero essere infiniti) che non sarebbe necessario scomodare la psicologia, la sociologia (da Max Weber in poi) o l'economia comportamentale (Daniel Kahneman) per mostrare che un essere umano (inteso sia come singolo che come membro e/o rappresentante di una società) cui sia richiesto di prendere decisioni in condizioni d'incertezza raramente ha un quadro obiettivo e completo della situazione ed ancora più raramente pur avendolo ne tiene di conto. Ciò naturalmente non implica che le decisioni governative siano ipso facto sbagliate, ma neppure che in quanto tali siano giuste. Entrambe le ipotesi sono "partire dalle proprie opinioni per ricavarne i fatti" e non hanno niente di scientifico.

Quanto all'equiparare previsioni meteorologiche relative a perturbazioni atmosferiche con proiezioni epidemiologiche relative ad un nuovo virus, che certo nobilita retoricamente le seconde, dimentica (o finge di dimenticare) che nel primo caso la probabilità è calcolata basandosi su un enorme mole storica di correlazioni tra eventi noti e ampiamente studiati. Mentre nel caso del Covid-19 è l'autore stesso a ricordarci che "non abbiamo neppure statistica". Poi ci ricorda che i modelli vengono nutriti con "le mappe satellitari della Nasa, le rotte dei voli e il numero dei rispettivi passeggeri, le informazioni su ogni interazione umana misurabile e perfino certi correttivi psicologici, come la paura, il panico, la cautela", ovvero dati sì epidemiologici ma aspecifici rispetto al Covid-19. Se tuttavia siamo di fronte come dice l'autore a "la stessa carica di novità di un asteroide che fa precipitare sulla Terra un elemento chimico sconosciuto", ovvero a fattori imprevedibili, come si può al contempo asserire di poterli prevedere con un ampio grado di affidabilità?

A dispetto di ciò tuttavia (questa volta non solo l'autore bensì una vasta fetta della comunità scientifica) si presuppone che la diffusione di un virus dichiarato nuovo e sconosciuto sia identica a quella di qualsiasi altro virus variando solo per R0 (che è dato dal rapporto β/γ, dove γ è la percentuale degli infetti che guariscono sommata a quelli che muoiono [non unicamente a quelli che guariscono], e β è il numero medio di contatti per unità di tempo tra una persona Infetta e una Suscettibile necessari per infettare quest'ultima) ed assumendo che siano Suscettibili  tutti i soggetti non già infetti o immunizzati (naturalmente o per vaccino), ovvero al momento la totalità della popolazione mondiale, meno poche migliaia. Niente di nuovo che la scienza operi riduzionismi al fine di maneggiare fenomeni altresì complessi che naturalmente dipenderebbero da molteplici fattori intervenienti, e passi che ciò sia fatto in relazione a patogeni conosciuti da tempo per i quali si dispone di sufficienti dati e sufficiente fiducia che altre variabili non siano significative. Ma cosa c'è di "matematico" nell'affermare che in relazione ad un nuovo patogeno i soggetti suscettibili siano "un po’ più di sette miliardi"? Si assume arbitrariamente tutta la popolazione escludendo a priori possibili fattori protettivi ambientali, comportamentali o genici (come ad esempio quelli dell'anemia mediterranea nei confronti della malaria): è una mera assunzione che presume arbitrariamente che l'unico fattore protettivo possibile sia l'immunizzazione.

Quanto alla complessità, "paradosso del nostro tempo" in casi simili mi sembra proprio che si voglia affrontare "l’inaspettato, lo sconcertante e soprattutto il complesso" con la sicumera offerta dall'estrema semplificazione offerta da un'ipotesi che voglia ricondurre tutto all'analogia col già noto, prescrivendo misure draconiane come l'alternativa a scenari apocalittici. Certo non è la prima volta che vengono messi in atto, tuttavia l'affermazione che in loro assenza sarebbe andata molto peggio è autoreferenziale poiché per dimostrarlo necessiteremmo di un gruppo di controllo che evidentemente non abbiamo (né abbiamo avuto in casi simili come la SARS). Ed allora direi che è la qui disprezzata "algebra della pericolosità" (che poi è proprio sull'algebra che il modello SIR si basa...) applicata da persone comuni come pure da eminenti virologi(ghe) all'effettiva pericolosità del patogeno che appare di maggior buon senso. Tanto più che non a tutti sfugge che tra i decessi imputati al virus figurano molti casi gravemente compromessi da altre patologie che verosimilmente per esse sarebbero comunque morti in questi giorni anche in assenza del Covid-19 ma che ad esso vengono imputati. Come pure non sfugge che molti soggetti ricoverati poiché giudicati gravi non avrebbero ricevuto analoga valutazione in assenza degli allarmismi che ci sono stati e pertanto non rischierebbero di intasare il sistema sanitario.

Non sfugge infine, quantomeno ad alcuni non affetti da mero riduzionismo scientista, che il campo medico ha almeno un'analogia col mondo quantistico, ovvero che la realtà osservata è modificata dall'osservatore. Per questo i trial medici devono essere randomizzati in doppio cieco, per evitare eventuali effetti placebo e/o nocebo (sulla cui portata non è oramai più lecito dubitare a meno di essere scientificamente analfabeti) dovuti sia all'aspettativa dei pazienti che a quella in loro indotta dei ricercatori. Sapendo ciò come si può ritenere che i dati raccolti in concomitanza ad un tale martellamento mediatico siano rappresentativi?



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