28 ott 2009

la comunicazione


Cos'è la comunicazione?

Inizio con un breve excursus etimologico allo scopo di tentare di definire propriamente di cosa stiamo parlando. Passo indispensabile per capire come ottenerlo, e quando e se è realmente ottenuto.

Il termine Comunicazione deriva dal latino "communicàre" - rendere comune - da cui, aggiungendo la terminazione -atio, si ottiene "communicatio" - messa in comune, partecipazione.
È inoltre interessante notare che la radice del verbo "communicàre", "com-munis", condivisione di una carica, è anche la stessa della parola Comunità.
Le accezioni correnti del termine Comunicazione includono tanto l'unione di luoghi fisici (vie di comunicazioni) tanto la trasmissione di "contenuto", e si basano in entrambi i casi sul concetto di rendere comune, partecipe.

Possiamo parlare di comunicazione solo nel caso in cui tale obiettivo sia raggiunto. Analogamente a come non chiameremmo mai "via di comunicazione" un'autostrada non completata o una linea ferroviaria non attiva, non ha senso parlare di comunicazione, nel senso di trasmissione di contenuto, se non è raggiunta "intesa" su quanto espresso (intesa, comprensione. Cosa diversa da "conformità di opinione" che può o meno sussistere...). Altrimenti è al massimo possibile parlare di "tentativo di comunicazione".

Quindi come si comunica?

L'atto di comunicare è, come ogni azione, risultato di una serie di tecniche, più o meno efficaci, messe in atto per ottenere il risultato atteso, in modo più o meno consapevole. Questo vale appunto per ogni azione, se ne sia o meno consapevoli. Camminare, ad esempio, non richiede, per persone sane in un momento normale, consapevolezza di star muovendo uno dei piedi in uno specifico modo, tuttavia su ciò (ed altro, equilibrio, coordinazione...) si basa; come pure suonare uno strumento, ad un dato livello di padronanza, non richiede (più) la consapevolezza della tecnica sfruttata ma, per quanto la padronanza di esecuzione permetta un'attenzione ridotta o inconsapevole, non può prescindere da essa.

Comunicare è, come ogni azione, questione di utilizzo di tecnica, dell'utilizzo della tecnica corretta.
Quindi inizialmente Osservazione di come agiamo - noi, x, y, chi è bravo, chi è scarso, quando la comunicazione avviene e quando non avviene - per comprendere le variabili in gioco e come esse generino o meno i risultati attesi. Dopodiché Attenzione nel mettere in pratica quanto appreso.

Non pretendo di avere sull'argomento l'autorevolezza di Watzlawick, e neppure di presentare un "protocollo" completo. Tuttavia confrontandomi con il tema ho osservato alcuni punti che ritengo interessante comunicare:
  • Responsabilità. Attribuire unicamente a circostanze esterne la responsabilità di permettere o impedire l'avvenire della comunicazione interrompe di fatto ogni intervento. Ritenendo tali circostanze non creabili da noi (o creabili in teoria ma "difficili" in pratica - traducibile con "mi piace pensare che potrei ma poiché non voglio non posso" - ossia un modo contorto per affermare pur sempre la propria non influenza sulle circostanze...), esse, o ci sono o non ci sono: la questione finisce lì. Condizione imprescindibile, in assenza di fortuite, quanto rare, "circostanze favorevoli", per comunicare (riuscirci, non solo tentarci) è l'assunzione della propria responsabilità sul processo.
  • Determinazione. Trasmettere qualcosa tra individui che si rappresentano in modo diverso la realtà (ogni individuo...) presenta difficoltà. Arrendersi, fuggire, evitare, ignorare, fossilizzarsi, irrigidirsi, chiudersi, risentirsi, offendersi, attaccare, avere paura o "bisogno" sono esempi di ostacoli al superare suddette difficoltà. La determinazione concede il tempo e lo spazio affinché, superati gli ostacoli e malgrado essi, la comunicazione possa avvenire. Ogni processo richiede che gli venga concesso spazio/tempo sufficiente per manifestarsi. Interrompere il tentativo impedisce la Comunicazione.
  • Precisione. Partecipare, rendere comune (Comunicare, ricordate?) richiede chiarezza. Il suo contrario, la vaghezza, con le sue molteplici, diverse, quanto legittime, interpretazioni aumenta l'incomprensione. "Rendere comune" si attua riducendo l'incomprensione. Con precisione sia nel corretto uso dei termini usati, sia nelle conformità di quanto descritto con quanto osservato.
  • Pertinenza. Una comunicazione ha un contenuto. Le affermazioni e/o le domande, che sorgano nel tentativo di rendere esplicito tale contenuto, devono essere pertinenti con esso. Il concetto di pertinenza va qui oltre l'elementare attinenza o meno con il concetto generale, attiene bensì ai tratti implicitamente sottostanti al contenuto in questione. Ad esempio, talora il contenuto in questione fosse una difficoltà professionale con una mansione, la comunicazione implicherebbe la ricerca di una soluzione a tale difficoltà. Su questa base affermazioni tipo "però è difficile" sarebbero, sempre ad esempio, non pertinenti. Poiché tale proposizione per quanto attinente l'argomento non avrebbe attinenza con l'implicito obiettivo di determinare una soluzione, in quanto esprime un fattore ininfluente a tale scopo. Non pertinenti sono sia le affermazioni fuori contesto, sia quelle non vere, sia quelle irrilevanti.

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