17 ago 2010

Il fante di fiori


Il fante di fiori guardò di sottocchio il sette di cuori, in cima al mazzo, all'altra parte del tavolo. Indubbiamente era una carta molto carina, forse un po' piccola per lui, oramai giunto nel mondo delle figure, ma così curata e ben vestita da far perdere la testa a molti.

Conosceva le regole del gioco e non poteva certo presentarsi così, di punto in bianco. E poi c'era sua moglie che lo teneva costantemente sotto controllo. Esaminava gli abiti, scrutinava gli estratti conto della carta di credito, verificava perfino che il livello della benzina rientrasse nella media di quanto richiesto per raggiungere l'ufficio e tornare indietro. Insomma, un piccolo inferno domestico - per quanto naturalmente avesse i suoi aspetti positivi: in fondo aveva scelto lui di sposarsi.

Eppure, se solo avesse trovato un asso disponibile, sarebbe stato un vero piacere accaparrarsi quella piccola sette di cuori!
Tuttavia apparteneva ad un mazzo francese, non ad uno napoletano, ed indugiare oltre con lo sguardo sarebbe stato contro la sua natura. Quindi proseguì oltre, verso la trattoria dove con i colleghi avrebbe consumato la sua pausa pranzo.

Evidentemente i colleghi non avevano incontrato distrazioni, visto che erano già tutti intorno al tavolo ad attenderlo per ordinare. Il fante di fiori si unì a loro ed alla consueta conversazione. Non la si sarebbe potuta definire originale ma ci sono volte - e questa è una di quelle - in cui l'effetto rassicurante di argomenti conosciuti è benvenuto. Parlavano, come sempre, di fare scopa (e qui non poté fare a meno di riferire di che pezzo di sette bello avesse incontrato...), di quanti denari avessero accumulato, del rischio del rubamazzo; di che carichi ci sono a giro e dei fermini che occorresse mettervi; di quale seme fosse candidato a briscola alle prossime elezioni. Qualcuno, amante del rischio, talvolta sosteneva che si dovesse avere il coraggio di andare a vedere, di rilanciare, se necessario a smascherare il bluff.

La pausa stava per finire e, prima di poter finalmente rientrare nel mazzo, l'aspettava un'altra mano: quella pomeridiana, la più faticosa. Non che con questo volesse lamentarsi, aveva una buona posizione e sapeva farsi rispettare in tutti i giochi. Inoltre erano lontani i tempi di suo nonno in cui le carte dovevano ammazzarsi di lavoro senza un giorno di ferie. Da tempo i sindacati avevano conquistato le quaranta ore lavorative e presto avrebbe trascorso il suo mese di riposo non competitivo in un solitario.

Si mise così in panchina, ad attendere il suo turno, osservando il gioco, criticando i presunti errori dei compagni e studiando quale strategia avrebbe adottato. Gli esperti avevano studiato la cosa a fondo e redatto i protocolli che lui ben conosceva e diligentemente applicava. Se non incontrava un jolly un fante esperto come lui sapeva bene come comportarsi. Le probabilità che ciò accadesse nei giochi in cui si era specializzato erano tuttavia assai rare ed in tanti anni non gli era mai capitato.

Si narra che i jolly siano esseri umani assai strani, non come le altre carte che sai inquadrare facilmente. Loro sono dei trasformisti, si sanno adattare a tutti i ruoli, sembrano essere sempre a loro agio perfino quando sono palesemente fuori posto. Nei mazzi più grandi solitamente ne spunta fuori qualcuno ma in un mazzo da quaranta si tratta quasi certamente di un forestiero in visita.

Finalmente arrivò quel leggero spaesamento in cui si ha la sensazione di essere sollevati e gettati sul tavolo. Per quanto naturalmente non sia altro che il brivido che accompagna la responsabilità della decisione di entrare in campo. Occorre sempre un attimo per riprendersi e, valutando la situazione, applicare le regole. Questa volta, trascorso tale attimo, fu la sorpresa ad impadronirsi del fante di fiori... era proprio un jolly quello che si trovava di fronte.

Inaspettatamente il vecchio jolly rosso non lo mangiò, schiacciò, né fece prigioniero. Sì limitò a guardarlo. Rimase nella medesima postura a gambe incrociate e, senza scomporsi, gli parlò:
- Sei certo di essere l'artefice del tuo destino?
Il fante non capiva né la situazione né la domanda. Lì davanti a sé avrebbe dovuto incontrare una scartina da mangiarsi in un'ordinaria operazione di routine ed invece si trovava quello che - a quanto sapeva dai film - ricordava una specie di maestro di arti marziali che perlopiù invece di combattere gli poneva domande assurde.

- Hai mai la sensazione che siano altre forze a muoverti?
- Ti sei mai domandato chi realmente sei?
Poi una specie di terremoto gli ricordò che stavano rimescolando il mazzo, la partita era stata dichiarata nulla - forse proprio a causa di quello strano personaggio - e rimandata al giorno dopo.

Il fante di fiori tornò a casa, baciò la moglie ed i figli, consumò la cena, ma non si unì come al solito a loro sul divano davanti alla tv. Andò a letto, si sentiva molto stanco e solo con grande difficoltà riuscì infine a prendere sonno.

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